L’OCST dice «NO» a questo decreto che limita troppo la libertà di azione e di investimento nei diversi ambiti.
L’OCST è certamente d’accordo che lo Stato debba gestire le risorse a sua disposizione in modo oculato e responsabile. La soluzione proposta tuttavia tende a banalizzare un problema complesso. Il raggiungimento del pareggio di bilancio è un obiettivo positivo e desiderabile, ma dipende da tanti fattori. Il primo è sicuramente l’efficienza dell’apparato pubblico e la corrispondenza tra l’entità dei servizi offerti alla popolazione e le entrate. Lavorare in questo senso è giusto e importante, ma non semplice e immediato. Per raggiungere in modo solido un obiettivo di equilibrio economico, a seconda dei settori, sono per esempio necessarie riforme, investimenti in strumenti e infrastrutture, formazione.
Riteniamo cioè che il tempo messo a disposizione e le limitazioni rispetto al trasferimento delle spese ai comuni e all’aumento delle imposte, finirebbero per obbligare i responsabili dei dipartimenti a fare tagli laddove è più semplice e immediato, piuttosto che dove è più opportuno.
Un altro elemento dal quale dipende il pareggio del conto economico è la situazione congiunturale. Lo abbiamo ben visto con il Coronavirus e stiamo iniziando a sperimentarlo con la guerra in Europa, ci sono situazioni nelle quali l’economia e la società stentano a tenersi salde senza un intervento pubblico, nelle quali emergono spese impreviste. Anche i buoni padri e le buone madri di famiglia in questi mesi si troveranno per esempio a dover fare i conti con l’aumento del carburante e delle spese di riscaldamento, oltre che di molti beni di prima necessità.
Inserendo un meccanismo rigido e astratto, si lasciano poche vie d’uscita a chi decide. E la scelta cade immancabilmente sul personale che garantisce, ricordiamolo, servizi essenziali che vanno dalla sicurezza all’istruzione passando per la giustizia e la sanità, oltre che l’amministrazione. Abbiamo già vissuto il blocco delle assunzioni e la mancata sostituzione di chi va in pensione. L’alternativa è risparmiare sui servizi offerti a chi ha poca voce in capitolo. Tagliare i servizi non equivale forse a «mettere le mani nelle tasche» delle cittadine e dei cittadini? Non significa peggiorare le condizioni di chi si trova in difficoltà?
In una fase di trasformazione e incertezza come questa, anche i mancati investimenti possono provocare ritardi in progetti urgenti volti proprio a modernizzare e rendere più efficienti i servizi dello Stato. Lasciamo dunque alla dialettica politica la decisione sui tempi e sulle opportunità di riforma dei compiti e delle spese dello Stato, piuttosto che incasellare le decisioni in meccanismi rigidi e anacronistici.
Votate dunque «NO» al «Decreto legislativo concernente il pareggio del conto economico entro il 31 dicembre 2025 con misure di contenimento della spesa e senza riversamento di oneri sui Comuni».

Xavier Daniel