Oltre 2500 gli edili riuniti in assemblea a Bellinzona. Un nuovo contratto che rafforzi la protezione della salute e dei diritti dei lavoratori e tuteli fino in fondo la loro dignità. È la richiesta perentoria di oltre 2500 lavoratori edili ticinesi, riuniti oggi a Bellinzona nell’ambito di una giornata cantonale di mobilitazione (cui ne seguiranno altre nel resto della Svizzera) contro i tentativi della Società svizzera degli impresari costruttori (SSIC) di imporre ancora più flessibilità oraria e salariale in un settore dove i ritmi di lavoro già hanno raggiunto livelli mai visti. Riuniti in assemblea generale, gli edili proventi da ogni angolo del Ticino (dove oggi l’80 per cento dei cantieri sono chiusi), hanno approvato per acclamazione una risoluzione che conferisce mandato alle organizzazioni sindacali OCST e Unia di mettere in campo «tutte le iniziative necessarie volte alla difesa e al rafforzamento» del Contratto nazionale mantello (CNM) che giunge a scadenza a fine anno e che pertanto deve essere rinegoziato. I manifestanti, che nel primo pomeriggio daranno vita ad un corteo per le vie della capitale, hanno anche indirizzato una lettera ai membri del Gran Consiglio per chiedere maggiori sforzi in difesa di un mercato del lavoro «sano e leale».

I lavoratori chiedono soluzioni alle problematiche reali cui sono confrontati quotidianamente: giornate troppo lunghe, condizioni atmosferiche avverse, tempi di trasferta non riconosciuti appieno, salari inadeguati e scarsa protezione dei lavoratori più anziani. Richieste cui la SSIC, nel quadro dei negoziati per il rinnovo del CNM in corso a livello nazionale, risponde con proposte che vanno nella direzione opposta, di una flessibilizzazione totale dell’orario di lavoro che porterebbe a giornate lavorative di 12 ore e settimane di 58. Una minaccia per la salute e per la qualità della vita familiare e privata. Di qui la stigmatizzazione dell’attitudine padronale al tavolo delle trattative e la pretesa che queste possano svilupparsi, già a partire dalla prossima tornata negoziale del 21 ottobre, «sulla base di presupposti costruttivi e non di diktat padronali», si legge nella risoluzione. Una risoluzione che pure condanna «il comportamento di alcuni impresari costruttori ticinesi, che con sistemi deplorevoli, hanno tentato di impedire ai lavoratori di manifestare per la propria dignità, per il contratto dell’edilizia e per il futuro del settore».

Non si chiede la luna

«I lavoratori non chiedono la luna. Sono abituati ai sacrifici», ha affermato durante l’assemblea Dario Cadenazzi, responsabile del settore di Unia Ticino e Moesa, illustrando le principali rivendicazioni portate al tavolo delle trattative col padronato: una migliore protezione dei lavoratori anziani, regole chiare in caso di intemperie (lavorare con 36 gradi è una follia), tempi di trasferta pagati interamente dal datore di lavoro e giornate lavorative meno lunghe.

Altro che tagliare i salari dei lavoratori anziani di 800 franchi al mese come pretende di fare il padronato, ha aggiunto Paolo Locatelli, vicesegretario cantonale e responsabile dell’edilizia del sindacato OCST, definendo questo atteggiamento come «una vera vergogna, che va contro la dignità di tutti i lavoratori». «Siamo oltre 2500 e oggi vogliamo lanciare un chiaro monito a tutti gli impresari della Svizzera: senza i lavoratori non si costruisce niente!», ha aggiunto Locatelli.

C’è posta per il Gran Consiglio

Il futuro del settore edile è anche al centro delle considerazioni contenute in una lettera aperta firmata da Unia e OCST ai parlamentari cantonali (riuniti in sessione da oggi a mercoledì) con cui si richiamano «le forze politiche a moltiplicare gli sforzi», in particolare nella direzione di un «rafforzamento degli organi di controllo» del mercato del lavoro, «per un maggior senso di responsabilità da parte dei committenti pubblici» sia nell’ambito delle aggiudicazioni sia per quanto riguarda i tempi di consegna, nonché per definire «chiari indirizzi politici e fatti concreti» in materia di lotta al dumping salariale e sociale. Servono poi sforzi anche sul fronte giudiziario, in particolare andrebbe costituita una sezione del lavoro presso il Ministero pubblico, si auspica nella lettera trasmessa ai 90 granconsiglieri.

Dopo questa prima giornata che ha visto l’edilizia ticinese fermarsi, la mobilitazione prosegue nelle prossime settimane nella Svizzera tedesca e in Romandia. «Ci aspetta una fase molto calda. Ma sappiamo benissimo che se lotteremo uniti, vinceremo. Senza di voi la Svizzera si ferma», ha commentato Nico Lutz, membro della direzione nazionale di Unia e responsabile del settore dell’edilizia.