I sindacati syndicom, OCST e l’Associazione dei Giornalisti Ticinesi si dicono delusi dall’atteggiamento di chiusura al dialogo di cui si sono resi protagonisti i vertici del Corriere del Ticino.
Il Consiglio di amministrazione e la direzione generale – in una lettera online recapitata giovedì 13 giugno - ritengono infatti che “non vi siano né i presupposti né la necessità di organizzare un incontro” più volte sollecitato dai sindacati per analizzare e approfondire misure alternative ai recenti licenziamenti, mantenendosi disponibili solo ad incontri con singoli collaboratori. Tagli che i vertici del quotidiano continuano a ritenere inevitabili, confermando nella stessa lettera il provvedimento comunicato lo scorso 23 maggio e che colpisce nove dipendenti, tra cui 2 pre-pensionati.
Risulta incomprensibile che, in questo momento e a fronte di misure che causano pesanti conseguenze ai lavoratori, si voglia rifiutare qualsiasi dialogo con i partner sociali. Un gesto di chiusura che non ha nulla a che vedere con la natura stessa di un quotidiano, per antonomasia luogo del dialogo e del confronto. Rifiutando di incontrarci, i vertici del Corriere del Ticino di fatto calpestano la loro stessa ragione d’essere, la natura stessa di un giornale che si definisce indipendente e che proprio per questo è chiamato a dare spazio alla pluralità del pensiero e delle opinioni. Ma non solo, essi calpestano anche la storia del nostro Paese, che proprio sul dialogo tra le parti sociali ha costruito la sua fortuna economica, sociale e imprenditoriale. Tema di cui il CdT ha scritto innumerevoli volte. Inchiostro tradito oggi dai vertici dell’azienda.
Syndicom, ATG/Impressum e OCST continuano a ritenere che ci sarebbero state altre possibilità, alternative ai licenziamenti, anche perché le misure adottate sono totalmente a “senso unico”. Tra tutti i tagli imposti al personale, non c’è stato nessun sacrificio tra i vertici dell’azienda. Riducendo le uscite per direttori, vicedirettori e responsabili vari ci sarebbero probabilmente sufficienti margini per risanare completamente il deficit strutturale che da diversi anni, a detta della direzione, ha reso necessaria quest’operazione antisociale.
Difficile immaginarsi come possa il Corriere del Ticino continuare a scrivere di democrazia e di solidarietà se i suoi vertici aziendali sembrano disconoscerne i principi di base.
I sindacati, in rappresentanza dei lavoratori, continueranno comunque a battersi non solo per difendere le persone coinvolte in queste pesanti misure ma pure per le colleghe e i colleghi che continuano a lavorare per il CdT con serietà e professionalità malgrado la posizione del loro datore di lavoro.
Si augurano infine che, per lo meno per la costituenda commissione interna di rappresentanza dei lavoratori, i vertici del CdT dimostrino maggiore apertura.