Il sindacato OCST chiede alla SECO e al Governo ticinese di prendere in considerazione la situazione ancora precaria di molte donne che sono assunte da privati per svolgere compiti di pulizia, babysitting o si occupano del governo della casa e in questo momento non possono lavorare.
 
Per queste persone la situazione è particolarmente complessa e precaria, dato che, come stabilito dalla Seco, non possono fare ricorso al lavoro ridotto perché sono assunte da privati e non da aziende.
Si tratta nella maggior parte dei casi di lavoratrici, occupate presso più famiglie e, per questo, assunte e assicurate presso più datori di lavoro. Questa loro condizione le rende già di per sé più deboli, dato che, anche se spesso lavorano quasi a tempo pieno, cumulando l’attività presso datori di lavoro diversi, non vengono assicurate per il secondo pilastro o per la malattia. In questo difficile momento finiscono per perdere completamente e improvvisamente il salario per un motivo che non dipende da loro, ma da un intervento a protezione della salute pubblica.
Analoga è la condizione delle mamme diurne e degli operatori di mense scolastiche e doposcuola ai quali ad oggi non viene riconosciuto il lavoro ridotto a causa dell'elevata oscillazione delle ore di lavoro nel corso dell'anno, dovuta principalmente al costante adattamento di queste attività ai calendari scolastici e alle esigenze delle famiglie. 
È da escludere per molti motivi il ricorso alla disoccupazione: innanzitutto non è lo strumento adatto perché i datori di lavoro non hanno intenzione di interrompere il rapporto di lavoro. Anche chiedendo la disdetta perderebbero il posto di lavoro senza avere la sicurezza di poterlo riavere in seguito. Esiste poi il problema del periodo di disdetta e del periodo di attesa, per i quali finirebbero per non ricevere nulla per tutto il corso della crisi. 
Dobbiamo ricordare che per molte persone queste sono entrate essenziali e un'importante fonte di sostegno per le loro famiglie. Non possiamo non ricordare che, anche se svolta in un ambito privato, è pur sempre un'attività economica, dato che genera un reddito e dato che esiste un rapporto di lavoro e  vengono versati dei contributi. La concessione del lavoro ridotto nell'ambito della crisi del Coronavirus non dipende da ragioni economiche, quindi mal si comprende la discriminazione applicata a queste categorie, che peraltro offrono servizi preziosi alle persone, e sostengono le famiglie nella cura dei figli. Si tratta di un apporto irrinunciabile per le famiglie che si devono districare nella complicata conciliazione tra vita familiare e lavorativa.
Il sindacato OCST chiede di non dimenticarsi di queste donne e di prevedere uno strumento di compensazione del reddito perso.
 
Lorenzo Jelmini, vice-segretario regionale del Luganese