In più di un’occasione abbiamo potuto notare come molto spesso nel nostro Cantone, ma non solo, vi sia un eccesso di persone formate in alcuni settori, ad esempio nel commercio o nella vendita, settori spesso già saturi e dove in taluni casi le condizioni di lavoro sono precarie con salari alquanto bassi per effetto del dumping salariale:
 e mentre assistiamo a un eccesso di personale formato in determinati settori, vi è una carenza di personale in altri settori, come nel sociosanitario in cui, in particolare, mancano medici, infermieri/e, assistenti di cura, operatori sociosanitari, eccetera, il che ci costringe ad attingere a lavoratori frontalieri o esteri. 
E di fronte poi all’emergenza coronavirus vissuta dalla vicina Italia, il dottor Franco Cavalli in un intervento sulla stampa parlò di rischio che Italia e Francia potessero precettare i propri infermieri, per tenerli a lavorare in patria: rischio che fortunatamente non si è verificato, ma che ci fa riflettere sulla necessità di non dipendere in modo tanto importante dal personale frontaliero. 
In alcuni campi abbiamo poco margine di manovra, ma reputiamo importante utilizzare gli spazi a disposizione, tanto più se teniamo presente che, secondo i dati ILO, a dicembre 2019, vi erano l’8.1% di disoccupati nel nostro Cantone. Di fronte ai dati che ci dicono, da una parte, che abbiamo molti disoccupati che sono fonte di preoccupazione per le famiglie ticinesi, e dall’altra che abbiamo settori in cui siamo costretti a ricorrere a personale non residente, qualcosa bisogna fare! 
Oltretutto, nell’ambito della cura degli anziani e in quello sanitario in generale, con il progressivo invecchiamento della popolazione che si prospetta, ci si attende che in futuro la richiesta di personale continuerà ad aumentare: è dunque necessario che ci si muova per tempo così da poter arrivare a soddisfare la domanda con l’offerta di personale residente formato. In un settore come quello della sanità dove si ha a che fare con la salute delle persone, è estremamente importante avere personale qualificato. 
Per quanto riguarda le figure attive nel settore sociosanitario e la possibilità di aumentarne il numero, vi sono a nostro modo di vedere diverse possibili misure da mettere in atto, e va dato atto a DSS e a DECS dell’impegno a trovare soluzioni. 
Innanzitutto, incoraggiare i nostri i giovani e le nostre giovani ad intraprendere le professioni sopraindicate, informando e motivando tramite i servizi di orientamento scolastico e professionale: non solo rivolti ai giovanissimi dopo la scuola media, ma anche a persone già in possesso di un diploma, magari in un altro settore che offre pochi posti di lavoro. 
Una seconda misura potrebbe essere il potenziamento dei posti di “stages professionali”: misura che in parte è già in atto ma che, a nostro modo di vedere, deve essere maggiormente rafforzata: anche qui, conosciamo e apprezziamo il lavoro svolto dal DSS, dal DECS come anche delle Commissioni coinvolte, ma occorre anche una maggiore sensibilità di tutti gli istituti ad accogliere un maggior numero di giovani in stage. Parallelamente a questa misura, per poter avere una formazione di qualità, è necessario potenziare e rafforzare il numero di formatori. 
Un altro campo su cui lavorare, reputiamo debba essere la sensibilizzazione dei datori di lavoro. Ci riferiamo in particolare alla necessità di offrire le condizioni di lavoro che permettano di meglio conciliare il lavoro e gli impegni famigliari, ma anche maggiore decisionale per il personale, maggiori possibilità di perfezionamento professionale, in modo da evitare che persone in attività si ritirino dalla professione. 
Ma in particolare, ed è qui che la nostra mozione propone di intervenire, occorre che le formazioni sanitarie siano alla portata (finanziaria) dei potenziali interessati ad intraprendere una formazione nell’ambito sanitario. 
Infatti, ad esempio per una persona già attiva in un ambito professionale, che quindi percepisce un salario, è molto difficile (anche se munita di tanta volontà e passione) abbandonare una situazione stabile economicamente per intraprendere una nuova formazione praticamente non remunerata, o comunque con una remunerazione insufficiente. Reputiamo pertanto che si debba promuovere ed incentivare la formazione in questo ambito remunerando in modo sostanzioso il periodo di formazione. Il problema della remunerazione nel periodo di formazione vale a nostro avviso per tutti gli allievi e le allieve attive nel settore e non deve essere un ostacolo alla decisione formarsi per intraprendere questa professione. 
Ricordiamo del resto che già oggi vi sono formazioni in cui gli allievi beneficiano, fin da subito, di salari incentivanti, pensiamo ad esempio ai poliziotti, alle guardie di confine o ancora ai doganieri. 
Alle persone attive invece nell’ambito sanitario e delle cure invece, ad oggi, finché esse sono in formazione vengono offerte delle condizioni salariali poco stimolanti e poco attrattive, (anche durante gli stages in cui già si svolgono delle attività regolari). 
 
Con la presente mozione si chiede quindi al Governo di presentare una proposta per aumentare lo stipendio durante la formazione delle infermiere e degli infermieri, come pure degli altri allievi/e attivi nell’ambito sanitario. 
 
Va ricordato che, per quanto concerne gli infermieri e le infermiere, vi è una recente iniziativa popolare federale denominata “Per cure infermieristiche forti”, lanciata il 29.11.2017 e formalmente riuscita. Fra le altre proposte, essa chiede di aumentare lo stipendio durante la formazione di infermiere. L’iniziativa è stata però recentemente respinta a livello Federale dalla Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio degli Stati: i contrari ritengono in particolare che la fattispecie vada risolta a livello cantonale. 
Con la presente mozione intendiamo appunto attuare quanto a livello Federale è stato demandato a livello Cantonale, per la remunerazione degli infermieri in formazione, tenendo conto che proprio nel nostro Cantone il problema della mancanza di infermieri è particolarmente sentito. In aggiunta chiediamo di considerare anche le altre professioni del settore sanitario. 
 
Maddalena Ermotti-Lepori e Claudio Isabella