La crisi sanitaria che stiamo vivendo ha messo in evidenza l’importanza di avere un’organizzazione sanitaria che sappia affrontare in modo celere ed efficace eventi straordinari. L’organizzazione sanitaria è fatta di strutture ma, soprattutto, di personale formato a tutti i livelli. 
E tutti ci siamo commossi nel vedere come il personale ha reagito a questa emergenza sottoponendosi a turni di lavoro molto pesanti in situazioni di rischio per la propria salute e, indirettamente, per quella dei propri cari. E non sono mancati, giustamente, gli apprezzamenti e gli applausi per tutto il personale sanitario ad ogni livello.
Terminata questa emergenza, quando gli ultimi applausi saranno solo un ricordo, bisognerà però riflettere seriamente sul ruolo e sul futuro del personale curante che oggi abbiamo quasi riscoperto.
Secondo un rapporto della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della sanità entro il 2030 saranno necessari circa 65000 infermieri in più. E il fabbisogno nell’intero settore sociale supera i 100000 posti di lavoro. In sintesi quindi un settore in forte espansione che creerà molti posti lavoro, a fronte di una cronica difficoltà nel reperire e formare personale per soddisfare il fabbisogno e quindi l’esigenza di far capo al reclutamento internazionale di personale.
A fronte di questa già difficile situazione si assiste nel settore ad un abbondono marcato della professione. Secondo l’Osservatorio svizzera della sanità (Obsan) circa il 45% delle infermiere lasciano la professione in corso di carriera (per uscita dalla vita attiva, cambiamento di professione o cambiamento di settore d’attività) e la durata d’esercizio della professione nelle cure è mediamente di 15 anni. Alla luce di questa difficile situazione ben vengano gli appelli, gli atti parlamentari, le iniziative di vario genere che chiedono una promozione della formazione e un potenziamento dei posti di formazione in Ticino, anche per non dipendere troppo dalla vicina penisola. Ma questi sforzi non saranno sufficienti. La vera sfida sarà quella di rendere nuovamente attrattiva le professioni in ambito sanitario e, prioritariamente, quella di infermiere. E allora è sufficiente prendere atto dei motivi per i quali molte e molti infermieri oggi abbandonano la professione. E le motivazioni sono riassunte in uno studio dell’Obsan del 2016 e le raccogliamo costantemente anche noi nella nostra attività sindacale. Si va da una bassa identificazione con la professione, che nel tempo ha assunto sempre più elementi di natura amministrativa e sempre meno di cura e contatto con i pazienti, dall’eccesivo carico di lavoro dato da una dotazione del personale insufficiente, dalla difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, dalle condizioni salariali ed altri ancora. È su questi aspetti che bisognerà intervenire per ridare attrattività alla professione e per riuscire quindi a formare un maggior numero di professionisti nel nostro cantone. È anche un’opportunità importante per il nostro mondo del lavoro che sarà confrontato nei prossimi mesi/anni ad un aumento della disoccupazione a seguito dell’attuale crisi sanitaria e, nel contempo, un aumento delle possibilità di occupazione nel settore sociosanitario e sociale verso il quale bisognerà orientare i nostri giovani o riqualificare chi è rimasto senza lavoro.
Incoraggiante in questo senso sembra essere il significativo aumento delle iscrizioni al settore sanitario della SUPSI per il prossimo anno scolastico.
Il primo banco di prova sarà il rinnovo del contratto collettivo di lavoro dell’Ente ospedaliero cantonale che sarà discusso il prossimo anno. In quell’occasione dovrà essere preso in considerazione concretamente il sostegno popolare e politico espresso in queste settimane a favore di chi opera nella sanità del nostro cantone.
 
Gianni Guidicelli