Un anno fa il 14 giugno aveva luogo lo Sciopero delle donne che ha portato in piazza in tutta la Svizzera moltissime persone, oltre diecimila solo in Ticino, a protestare contro la disparità, la violenza e per chiedere considerazione e rispetto a tutti i livelli. Domenica 14 giugno si è voluto richiamare quel momento importante con un’iniziativa organizzata dalla rete Nate il 14 giugno cui anche OCST donna-lavoro appartiene, commisurata, come dimensioni, alle misure di distanza sociale previste dalla Confederazione e tuttavia molto intensa e partecipata anche sul web, in radio e sui media in generale.
Il richiamo forte è stato quello alla Legge sulla parità, votata proprio il 14 giugno del 1981 ma mai messa davvero in pratica. Ciò che preoccupa in particolare è che il Ticino, anche in questo campo, viaggia in controtendenza rispetto al resto del paese. Infatti, dalle ultime rilevazioni sulla struttura dei salari pubblicate nel mese di aprile emerge che tra il 2016 e il 2018 è aumentata, invece che diminuire, la differenza tra il salario mediano delle donne e quello degli uomini. Si tratta di un segnale molto negativo sul quale è necessario chinarsi per proporre un’analisi e delle misure di azione concrete.
L’azione di domenica 14 giugno è stata anche l’occasione per chinarsi su quanto accaduto in questa pandemia. Le donne sono state in prima linea per garantire i servizi essenziali: sanità, vendita, insegnamento, servizi e industria. La maggiore esposizione ha portato anche ad un numero maggiore di donne contagiate rispetto agli uomini. Oltre a questo anche il carico del lavoro di cura è stato soprattutto sulle loro spalle: un impegno maggiore con i figli sul fronte della formazione a distanza, su quello delle pulizie domestiche e per la cura dei familiari bisognosi. Nonostante questo importante impegno a sostegno della società in un momento così delicato, le donne sono state escluse dalla discussione mediatica e dai tavoli nei quali si decideva il presente e il futuro dopo la pandemia.
Si è parlato poi di violenza sulle donne in tutte le sue inaccettabili forme, fisica, sessuale, psicologica, che, anche questa, non accenna a diminuire. In Svizzera il numero di femminicidi, travestiti ancora da omicidi passionali, è troppo alto. Anche su questo la pandemia ha lasciato un segno: troppe donne prigioniere delle mura domestiche durante il lockdown hanno avuto ancora meno possibilità di difendersi.
Le donne hanno ancora una volta detto basta e chiesto rispetto a dispetto di chi, ancora, nega quella che le statistiche segnalano come una realtà. Il lavoro delle donne è fondamentale sia tra le mura domestiche che nelle aziende private e pubbliche: è ora che venga riconosciuto in modo concreto!
 
 

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