Sabato 10 ottobre si è tenuto a Manno l’ultimo incontro degli Stati Generali delle Donne organizzati da OCST donna-lavoro. L’incontro, moderato da Luigi Maffezzoli che ha messo in evidenza, di volta in volta, gli elementi critici della discussione, si è snodato da un primo confronto tra Monica Duca Widmer, presidente dell’USI, e Beatrice Fasana, direttrice d’azienda, su «Lavoro e carriera», ad un intervento dell’economista Evaristo Roncelli ad una tavola rotonda conclusiva alla quale hanno partecipato anche Marina Carobbio, Consigliera agli Stati, e Christian Vitta, Consigliere di Stato.
«La disparità salariale esiste, ed esiste ancora, ha detto Beatrice Fasana. Nell’azienda per la quale lavoro mi sono impegnata fin dal mio arrivo per aumentare gradatamente i salari alle donne. Ho incontrato resistenze. Sono operazioni che devono essere programmate e portate avanti gradatamente, perché implicano un aumento della massa salariale e quindi dei costi». 
 
«Quando ho deciso che sarei andata avanti a studiare, ho incontrato la resistenza dei miei genitori, che semplicemente, come la maggior parte delle persone, orientatori compresi, non poteva immaginare che una donna desiderasse studiare, specialmente ingegneria. Sono stata invece sostenuta da due docenti che hanno convinto la mia famiglia che ero all’altezza», ha raccontato Monica Duca Widmer. 
 
«Dopo un inizio di carriera entusiasmante, con un intenso impegno anche all’estero, mi sono accorta di essere donna alla nascita del mio primo figlio. Da una parte desideravo occuparmi maggiormente di lui e dall’altra c’erano pochissime strutture di accoglienza e quelle poche erano dedicate ai casi sociali. Per questo ho deciso di fondare il mio studio» ha aggiunto Monica Duca Widmer.
 
«Per fare carriera le donne hanno bisogno di un mentore, di qualcuno che creda in loro, ha sottolineato Beatrice Fasana. A me questo è accaduto fin dall’inizio, mia madre infatti ha sempre desiderato che io e le mie sorelle studiassimo, dato che anche lei aveva dovuto rinunciare a proseguire gli studi perché la famiglia l’aveva ostacolata.»
 
Evaristo Roncelli ha evidenziato che il numero di donne che hanno perso l’impiego (5’600) dall’inizio della crisi della pandemia è enormemente maggiore a quello degli uomini (100). Infatti le donne, oltre a ricevere un salario inferiore, subiscono anche uno status lavorativo più precario: più tempi parziali, lavoro a ore e su chiamata, ecc... Alla base c’è un nodo culturale da sciogliere. A partire dalla fase di assunzione, giocano degli elementi inconsci che conducono a scegliere uomini per le posizioni di responsabilità. Questi «bias» possono essere contenuti con delle semplici strategie, per esempio i curricula anonimizzati. Infatti anche per i giovani, che si dicono più aperti alla parità, sono soprattutto le donne a doversi occupare delle faccende domestiche e della cura dei figli. Ed è proprio questo principio all’origine di questi squilibri del mondo del lavoro. 
 
La presenza di Marina Carobbio e Christian Vitta ha fornito l’occasione a Davina Fitas, responsabile di OCST donna-lavoro, di consegnare loro, come rappresentanti della politica cantonale e federale le raccomandazioni raccolte dai partecipanti agli incontri degli Stati generali delle Donne e pubblicate nella pagina a fianco. Raccomandazioni volte a promuovere un nuovo sguardo sul futuro.
 
Le conseguenze del Coronavirus non potevano che monopolizzare la discussione della tavola rotonda conclusiva durante la quale è stato commentato il ruolo troppo marginale dato alle donne nei tavoli di ripresa organizzati per configurare una via d’uscita dalla crisi. Christian Vitta ha ricordato che questa crisi ha segnato una cesura indelebile con il passato: molte delle vie di sviluppo che si erano intraviste sono state stravolte. In questo ambito Cristina Zanini Barzaghi ha ricordato l’importanza della formazione e delle scelte in fase di orientamento. Fondamentale però anche la formazione continua.
 
Maddalena Ermotti Lepori ha portato dei dati preoccupanti: le donne usufruiscono molto raramente dei corsi di formazione continua e questo non può che ostacolare la carriera e la partecipazione stessa al mercato del lavoro.  
Marina Carobbio ha ricordato che c’è un altro tema che è lasciato troppo spesso ai margini: «per i genitori che vogliono occuparsi dei figli, è difficile conciliare questo con il desiderio di dedicarsi all’attività politica. Quando ero presidente del Con
siglio nazionale mi sono impegnata a compiere un passo in questa direzione organizzando una sala allattamento a disposizione delle Parlamentari alla quale è possibile avere accesso dall’esterno». 
 
«Con l’auspicio, ha concluso Davina Fitas, che il tema di genere non sia solo uno dei temi da trattare, ma un nuovo modo di affrontare, finalmente insieme uomini e donne, le sfide che ci attendono per il prossimo futuro. Perché se domani ci sarà ancora più bisogno di flessibilità e creatività, nessuno più di noi donne ne è dotato».
 
 

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