Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e, fino al 10 dicembre, i 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere: due occasioni importanti per ribadire l’impegno collettivo e personale per questo importante traguardo.

Ma quale tipo di azioni possono essere intraprese in particolare nell’ambito che ci compete ossia il lavoro? Nel 2019 l’Organizzazione internazionale del lavoro (www.ilo.org) ha adottato la Convenzione 190 sulla violenza e le molestie sul posto di lavoro che è entrata in vigore nel 2021. La Svizzera non ha ancora ratificato questa Convenzione, ma il Consiglio federale ha già elaborato un messaggio in tal senso. OCST donna-lavoro si augura che la ratifica avvenga al più presto.
Questa convenzione è la prima che descrive la violenza e la molestia sul posto di lavoro e ne definisce i contorni: chi viene coinvolto, dove avviene, quali azioni comporta, quanto dura. Definisce poi quali attori possono intervenire nei diversi ambiti per garantire a tutti un lavoro dignitoso nel quale violenza e molestie siano esclusi. In primo luogo sono necessari interventi legislativi che definiscano il reato, i responsabili, le sanzioni, ma anche le misure di prevenzione. L’applicazione della legge deve essere efficace. Per questo in molti paesi, nell’accertamento dei fatti, l’onere della prova non è della vittima, ma dell’accusato.
Secondo la convenzione, la violenza sul posto di lavoro non coinvolge solo i dipendenti, ma anche i clienti o pazienti, gli apprendisti o gli stagiaire, le persone che hanno perso il posto di lavoro, i candidati all’assunzione, i volontari e i datori di lavoro o chi ne esercita i compiti. Tutte le persone devono essere protette sui luoghi di lavoro, ma anche di pausa, negli spogliatoi, nei locali dove si mangia, durante le trasferte, gli eventi, la formazione, il lavoro a distanza e anche nei tragitti tra casa e luogo di lavoro.
Alle parti sociali è assegnato un ruolo importante nell’analisi della situazione e nella definizione di misure di prevenzione specifiche per le diverse aziende. Il datore di lavoro ha infatti il dovere di proteggere la salute e la sicurezza del personale. In un dialogo costruttivo con le lavoratrici, i lavoratori e i loro rappresentanti possono emergere elementi e strategie utili.
La promozione di un luogo di lavoro inclusivo contribuisce in modo sostanziale alla prevenzione della violenza e della molestia: è molto importante mettere a disposizione delle persone gli strumenti, l’orientamento, la formazione teorica e pratica per affrontare i possibili rischi. Le aziende dovrebbero adottare specifici programmi e azioni disciplinari, procedure di approfondimento di casi, incoraggiare i dipendenti a riferire quanto accaduto e garantire la confidenzialità. Le aziende devono in particolare identificare quei rischi psicosociali che possono favorire l’emergere di violenza e molestie. In particolare: il contenuto del lavoro, il ritmo e il carico di lavoro, l’orario, l’impegno fisico, la cultura organizzativa e la funzione, lo stile di leadership, le relazioni interpersonali al lavoro. Sono particolarmente a rischio, per esempio, coloro che lavorano al domicilio del datore di lavoro.
Un ambito, quello della violenza sul lavoro, che a torto viene considerato da molti come lontano dalle esperieze vissute alle nostre latitudini; in altri casi viene sottovalutato l’impatto sulla salute psichica e fisica che certe esperienze di molestia, vessazioni o violenza possono esercitare. Un ambito sul quale OCST donna-lavoro è quotidianamento impegnata  con un’attività di sostegno e consulenza e sul quale intende chinarsi con approfondimenti e formazioni volti a informare e sesibilizzare.

Davina Fitas