Sabato 25 maggio si è tenuta a Como la manifestazione internazionale dei frontalieri italiani in Svizzera, organizzata dai sindacati dei due Stati (CGIL, CISL, UIL, OCST, SYNA, UNIA). Nonostante la pioggia incessante, vi hanno preso parte oltre 300 persone. 

Cosa ha spinto il nostro sindacato ad appoggiare questa manifestazione, nonostante si sia svolta su suolo italiano? Andrea Puglia, vicesegretario cantonale OCST, ha spiegato così questa scelta: «Con questa manifestazione abbiamo voluto mandare un messaggio forte alle Istituzioni italiane, sia nazionali sia regionali, in quanto negli ultimi mesi l’Italia ha messo in campo delle misure unilaterali che tradiscono i contenuti del neonato Accordo sulla tassazione dei frontalieri, un dossier negoziato con tanta fatica e per oltre dieci anni. Come sindacato svizzero, ci siamo quindi sentiti chiamati in causa come parte lesa».
Con l’approvazione della legge di bilancio 2024, Governo e Parlamento italiano hanno infatti introdotto una nuova tassa sui frontalieri italiani attivi per lavoro in Svizzera, volta a finanziare un maggior salario ai lavoratori della Sanità nelle aree di confine. Una tassa che dal 2025 colpirà tutti i cosiddetti «vecchi frontalieri», con modalità ed importi non ancora determinati. Si tratta di un nuovo balzello introdotto a soli pochi mesi dall’entrata in vigore di un trattato internazionale che è stato negoziato per oltre dieci anni.
A nulla sono valse richieste del sindacato di stralcio di questo provvedimento iniquo, ingiustificato ed intempestivo e, verosimilmente, illegittimo.
Iniquo perché basato sul presupposto sbagliato: i frontalieri sono contribuenti indiretti nazionali attraverso i ristorni fiscali pari al 40% di quanto versato alla fonte in Svizzera.
Ingiustificato perché in contraddizione con quanto lo stesso Ministero della Salute ha sempre sostenuto (e ribadito con apposita circolare agli assessorati regionali alla sanità del 8 marzo 2016), quale ragione stessa dell’erogazione del SSN ai frontalieri fiscali (dentro la fascia dei 20 km dal confine svizzero) che hanno optato per la sanita nazionale.
Intempestivo e di dubbia legittimità, perché in aperto contrasto con i contenuti del neonato accordo fiscale che sancisce il diritto esclusivo della Svizzera a tassare i redditi di quei frontalieri che sono entrati nel mercato del lavoro elvetico tra il 31.12.2018 e il 17.7.2023. La tassa sulla salute introduce quindi un meccanismo illecito di doppia tassazione, pertanto contrario al modello adottato dai paesi OCSE.
Nelle prossime settimane il sindacato presenterà anche le conclusioni del parere legale affidato ad un pool di avvocati e finalizzato a dissuadere l’applicazione del provvedimento.
Il sindacato è sceso in piazza anche per richiedere che il Governo italiano e i Cantoni svizzeri di confine trovino un’intesa definitiva circa la validità degli elenchi dei Comuni frontalieri, utili al fine di determinare lo status di «nuovo» e «vecchio frontaliere». Il sindacato ha chiesto in particolare che il Governo italiano presti fede all’impegno preso con il nuovo Accordo fiscale di considerare quali «vecchi frontalieri» tutti coloro che hanno già lavorato in un Cantone di confine tra il 31.12.2018 e il 17.7.2023, vivendo in un Comune posto, in tutto o in parte, entro i venti chilometri dalla Svizzera (elenco peraltro concordato nel nuovo Accordo amichevole tra Italia e Svizzera del 23 dicembre 2023).
Il sindacato ha anche richiesto al Governo italiano di procedere con il decreto attuativo per il pagamento della NASPI senza limitazioni per i primi tre mesi, come da impegno sottoscritto con il MEF nel memorandum d’intesa del dicembre 2020.
La manifestazione è stata poi l’occasione anche per fare un focus sul problema del dumping salariale, un argomento troppo spesso strumentalizzato per generare tensione contro i frontalieri. I recenti dati dell’Ufficio federale di statistica, ci dicono infatti che il salario mediano dei frontalieri in Ticino è del 20% in meno di quello dei residenti, mentre nel resto della Svizzera queste differenze non si registrano. Il sindacato ha quindi rimarcato quelle che sono le reali cause che generano il dumping salariale, del quale i frontalieri non sono la causa, bensì le vittime, insieme alle lavoratrici e ai lavoratori residenti. 
In Svizzera assistiamo infatti ad una progressiva messa in discussione della contrattazione collettiva in favore di interessi imprenditoriali senza regole. Eppure è proprio nei settori sprovvisti di contratti collettivi che si manifesta il fenomeno del dumping salariale, presente in modo molto minore nei comparti economici dove vige da tempo una solida tradizione contrattuale.