C’è chi negli scorsi giorni ha dichiarato che Ignazio Cassis ha detto una banalità. Non è rassicurante per un Consigliere federale. Il tema è quello degli accordi bilaterali. In un’intervista il Consigliere federale ticinese (la sua provenienza rende ancora più sgradevole l’uscita) si è dichiarato disposto a mettere in discussione almeno una parte delle misure di accompagnamento, pensate per proteggere il mercato del lavoro interno, in favore di misure che lui stesso definisce più creative. 
Le misure di accompagnamento agli accordi bilaterali sono state pensate per risolvere problemi concreti e non hanno dimostrato di essere diventate obsolete nel corso di questi anni, anzi, per certi aspetti è importante che vengano rafforzate. Certamente sono la conditio sine qua non per il sostegno da parte della popolazione ticinese della via bilaterale con l’Europa. Il sindacato OCST, che ha sostenuto gli accordi bilaterali a condizione che fossero poste precise misure di protezione del mercato del lavoro, non ignorerà i segnali che giungono dai lavoratori su questo tema. 
Infatti le condizioni che le rendono necessarie non sono cambiate. La Svizzera è un’isola nella quale i salari, i prezzi, la fiscalità e i livelli di disoccupazione sono molto diversi rispetto a tutte le regioni confinanti. Sono quindi necessari dei correttivi al fine di mantenere equilibrati il tenore di vita e le opportunità di lavoro, ma anche per garantire equità di trattamento a tutte le imprese che operano sul territorio, locali ed estere, come ad esempio accade per i lavoratori distaccati. Lo Stato esercita una funzione di regolazione necessaria per mantenere il giusto equilibrio del sistema economico e sociale, che, per inciso, non esercita sempre in maniera responsabile. Faccio qui riferimento alla vicenda delle stazioni di servizio, nella quale si è intromesso nella contrattazione collettiva, a beneficio della sola parte padronale, rinunciando a regolare il salario in una regione ad alto rischio come la nostra. 
Sebbene la Svizzera abbia complessivamente beneficiato dell’introduzione della libera circolazione delle persone, molte regioni di frontiera manifestano forti segnali di sofferenza, in particolare pressioni sui salari e sull’occupazione di personale residente. Il mercato del lavoro ticinese, in primis, soffre, come dimostrano i dati della disoccupazione calcolati ai sensi dell’ILO, la crescita della sottoccupazione e il preoccupante aumento dei beneficiari di assistenza. L’occupazione aumenta, ma non a beneficio dei lavoratori residenti.
Sebbene i lavoratori frontalieri e le imprese che li occupano portino nel nostro Paese ricchezza in molte forme, come valore aggiunto, ma anche come entrate fiscali, questo squilibrio rischia di avere serie ricadute sociali. Non possiamo diventare un Paese che usa delle imposte alla fonte per finanziare la sopravvivenza dei residenti in evidenti difficoltà di collocamento.
Roberto Balzaretti, capo della Direzione degli affari europei, ha commentato che quanto dichiarato da Cassis è in fondo una banalità: il Consigliere federale intendeva che bisogna spremersi le meningi per trovare delle soluzioni creative. La creatività in questo caso forse non è lo strumento più adatto. Parlerei piuttosto di concretezza: concretezza nel ragionare sui problemi, nel riconoscere le questioni salienti, nel costruire misure mirate. 
Sulla questione principale, tuttavia, cioè la messa in discussione delle misure di accompagnamento, Balzaretti ha in realtà cercato di tranquillizzare gli animi segnalando che Cassis non può decidere da solo su questo tema. Quasi a dire «in effetti avete sentito bene, ha proprio detto così, ma tranquilli: non è lui a decidere». Tuttavia le dichiarazioni di un Consigliere federale contano. Presentarsi ad una negoziazione con l’Unione europea dichiarandosi disposti a rinunciare a qualcosa di irrinunciabile per il popolo che si rappresenta non è la migliore delle premesse.
L’Unione europea, il nostro interlocutore, è in una posizione difficile. Vive una forte crisi di coesione. Un membro importante ha lasciato l’unione e altri mettono in discussione gli attuali equilibri. Gravata da grandi contraddizioni in materia fiscale e politica, sta perdendo molta della sua rilevanza a livello internazionale surclassata dalle alleanze tra colossi del calibro della Russia e della Cina. È un’Europa che ha bisogno anche della piccola Svizzera. Non si può cedere a questa Europa su una materia così importante.
 
Renato Ricciardi