A gennaio del corrente anno l’Ufficio di statistica (Ustat) ha pubblicato un interessante documento intitolato «Differenze salariali tra Ticino e resto della Svizzera».

Il contributo analizza i dati della Rilevazione svizzera della struttura dei salari (RSS) 2020 – i più recenti – al fine di illustrare le differenze tra i salariati in Ticino e i salariati nel resto della Svizzera. Uno dei fattori che potrebbe giustificare la differenza salariale, che vede il Ticino in difetto di oltre il 20% rispetto al resto del Paese, è quello della struttura del mercato del lavoro.

Come si evince dal documento in questione, non che ci fossero dei dubbi, il Canton Ticino rimane il fanalino di coda della Svizzera. Nel 2020 la mediana salariale era di 5’203 franchi mentre nel resto della Svizzera escluso il nostro cantone si situava a 6’414, ossia del 23,3% superiore. Nell’evoluzione tra il 2010 e il 2020 la mediana del Ticino è aumentata del 3,7% (188 fr.), mentre quella del resto della Svizzera del 7,3% (439 fr.). Lo scarto sta dunque aumentando, nel 2010 era di 960 franchi (19,1% del salario mediano ticinese) era più basso e corrispondeva al 19,1% del salario mediano ticinese.
Nel dibattito pubblico le motivazioni di questo divario sono da ricondurre al presunto costo inferiore della vita in Ticino (ancora da dimostrare e difficilmente verificabile) e alla presenza di manodopera straniera che eserciterebbe una pressione al ribasso sui salari.

La differenza salariale
Secondo il documento la differenza giustificata dalla diversa composizione del mercato del lavoro ticinese rispetto al resto della nazione è dello 0,8%. A parità di condizioni, ossia la parte non spiegabile, ammonta invece al 21,9%! Rispetto al 2010, le differenze salariali risultano aumentate sia quelle osservate sia quella non spiegate.

Residenti e frontalieri
I risultati si possono differenziare anche secondo alcune variabili sociodemografiche.
In alcuni casi i divari si discostano da quello cantonale complessivo, per esempio tra residenti e frontalieri. Tra i residenti e il resto della Svizzera la differenza è dell’11,5% mentre a parità di condizioni sale al 16,1%. Parecchio differenti le percentuali dei frontalieri. Tra i frontalieri attivi in Ticino e quelli nel resto della nazione si evidenziano differenze del 38,5%, ma in questo caso a parità di condizioni scende al 31,6%. Come si legge nel documento: «In sostanza, in Ticino i residenti occupano le posizioni meglio retribuite, ciò grazie all’importante presenza storica dei frontalieri, che invece occupano quelle meno retribuite».

Formazione
«Una situazione interessante si riscontra distinguendo il livello di formazione: in particolare i salariati del resto della Svizzera che hanno una formazione terziaria percepiscono un salario mediano superiore del 36,6% rispetto ai salariati in Ticino. A parità di condizioni, la differenza rimane alta anche se leggermente più contenuta (33,2%)». Per coloro che hanno invece una formazione «inferiore» la percentuale è più bassa (14,7% formazione primaria e 18,4% formazione secondaria). I valori in pratica si dimezzano. Da queste cifre si evince dunque che i profili con stipendi più elevati sono anche quelli dove le differenze sono maggiori.
Gli autori giungono poi alla conclusione che «Nel caso del confronto con il resto del Paese la struttura spiega solo una minima parte del risultato, così a parità di condizioni i salariati con una formazione terziaria attivi nel resto della Svizzera percepiscono salari superiori di un terzo rispetto a quelli degli attivi in Ticino».

I residenti
Come già detto uno dei fattori che va a influenzare i risultati è quello della residenza. È sotto gli occhi di tutti la differenza tra costo della vita in Ticino e costo della vita in Italia. Nella pubblicazione viene affermato che questo costo della vita superiore in Ticino potrebbe portare i lavoratori a negoziare salari superiori o a scegliere professioni meglio remunerate. Nel 2020 la differenza salariale a parità di condizioni tra residenti e frontalieri era dell’8,2%.

Settori economici
Parlando di settori economici, le differenze più rilevanti si riscontrano nelle attività manifatturiere e nei servizi di informazione e comunicazione. I salariati nel resto della Svizzera hanno un salario superiore di quasi la metà rispetto ai lavoratori in Ticino. «A parità di condizioni le percentuali calano, anche se rimangono alte e rispettivamente pari al 39,5% e al 41,5%» affermano gli autori.
Nei settori dove invece sono presenti dei contratti collettivi che stabiliscono dei salari minimi a livello nazionale questi divari sono nettamente inferiori. Per esempio nelle costruzioni abbiamo l’8,6% mentre nella sanità e assistenza sociale l’8,3%. Come affermato più volte anche dall’OCST, la contrattazione collettiva risulta quindi uno strumento efficace e fondamentale per combattere l’abbassamento dei salari e le disparità. A influire anche su queste differenze inferiori vi è, secondo gli autori, la carenza di manodopera, che va quindi ricercata al di fuori del mercato del lavoro locale e alzando di conseguenza i salari. «In queste attività le differenze a parità di condizioni sarebbero leggermente superiori rispetto a quelle osservate, rispettivamente il 9,1% e il 12,3%, pur rimanendo sempre più contenute rispetto alle altre sezioni» viene scritto. Il medesimo discorso riguardante il contratto collettivo nazionale è valido anche per i servizi di alloggio e ristorazione, la cui percentuale non spiegata è identica a quella osservata: 13,4%.

Le conclusioni
«Alla fine di questa analisi il risultato principale illustra come i salari nel resto della Svizzera (escluso il Canton Ticino) sono superiori di oltre il 20% rispetto a quelli in Ticino e come la diversa struttura del mercato del lavoro ticinese spieghi solo una minima parte del differenziale osservato. Questo risultato complessivo si conferma anche distinguendo secondo diverse caratteristiche socio-demografiche e settoriali» recita il documento.
Altra nota importante, come già scritto sopra, ove vi sono dei contratti collettivi nazionali le differenze salariali sono più basse. Questo è ciò che il sindacato OCST va dicendo ormai da anni e che è stato spesso contestato da vari datori di lavoro. Ora viene appunto dimostrato anche statisticamente.
Dalla pubblicazione si evince infine che sicuramente «Le caratteristiche scelte nel modello non sono esaustive è anche possibile che queste non catturino tutte le eterogeneità regionali. Ad esempio un salariato con una funzione quadro potrebbe avere responsabilità maggiori che potrebbero giustificare salari superiori, anche a parità delle altre caratteristiche considerate nel nostro modello. Vi sono poi altri fattori non inclusi nel modello (perché non misurati o misurabili) da considerare: ad esempio il costo della vita, inferiore in Ticino rispetto al resto della Svizzera, che porterebbe a livelli salariali più bassi sul mercato del lavoro ticinese; e ancora il costo della vita dei frontalieri, che in Italia è inferiore a quello ticinese (anche solo considerando la tassazione agevolata e l’assenza del premio delle casse malati)». Aggiungendo poi che «Proprio nella presenza storica e importante di lavoratori frontalieri in Ticino si può trovare un’altra giustificazione per questo divario che non sembra trovare spiegazioni nella struttura; di fatto il mercato del lavoro attuale si è sviluppato nei decenni anche grazie alla possibilità di avere accesso a un’importante riserva di lavoratori stranieri a costo più basso rispetto ai residenti. Questo, secondo le teorie economiche, non può che portare a livelli salariali più bassi».

Il commento di Claudio Isabella, responsabile del settore terziario e Gran Consigliere
È innegabile che la situazione è preoccupante. Per quanto concerne il costo della vita inferiore in Ticino è tutto da dimostrare e personalmente non mi trovo d’accordo. I costi della cassa malati sono più alti che nel resto del Paese, a livello di tassazione non siamo messi meglio e per quanto concerne i prezzi nei supermercati sono i medesimi.
Certo bere un caffè in Ticino costa meno che a Zurigo, innegabile, ma non sono certo spese necessarie alla sopravvivenza.
Il fenomeno colpisce dal giovane al pensionato. Il giovane perché spesso decide di non rientrare in Ticino dopo gli studi universitari, i pensionati perché un salario più basso equivale ovviamente a una rendita più bassa. Come andiamo dicendo da tanto tempo è necessario spingere sulla contrattazione collettiva in quanto come dimostrato pure nello studio è sicuramente uno strumento utile a combattere questa differenza salariale.

Il commento di Renato Ricciardi, segretario cantonale OCST
Come già ribadito più volte dal nostro sindacato, servono più contratti collettivi, soprattutto nel terziario dove le differenze con il resto della Svizzera sono importanti. Nel medesimo settore negli ultimi anni è aumentato in maniera importante il numero di lavoratori frontalieri, spesso con alte qualifiche, ai quali non viene però riconosciuto un salario adeguato e in linea con il resto della nazione.
In quanto OCST ribadiamo che la strada da intraprendere è quella della contrattazione collettiva, scorciatoie non ce ne sono. Occorre convincere i datori di lavoro del terziario a sottoscrivere degli accordi. Auspico che qualcosa si muova nella giusta direzione.

Fonte: «Differenze salariali tra Ticino e resto della Svizzera», Maurizio Bigotta e Vincenza Giancone, Extra dati, supplemento online della rivista Dati dell’Ufficio di statistica. Anno XXIII – N.03, gennaio 2023.
https://www3.ti.ch/DFE/DR/USTAT/index.php?fuseaction=pubblicazioni.dettaglioVolume&idCollana=3&idVolume=3241