Il 16 ottobre ci riuniamo a Bellinzona e chiamiamo a raccolta le collaboratrici e i collaboratori del settore sociosanitario e socioeducativo, dell’amministrazione, della scuola, della polizia, ma anche tutta la popolazione che è colpita per esempio dai tagli ai sussidi della Cassa malati e dal peggioramento della qualità dei servizi.

Manifestiamo con forza contro l’ennesimo esercizio contabile del Governo che per il secondo anno consecutivo pensa più ai numeri che alle persone. 
L’immagine che abbiamo usato, quella di «raschiare il fondo del barile» (vedi pagine seguenti), non potrebbe essere più azzeccata. È proprio quello che si sta facendo: si raschia del denaro senza una vera e propria progettualità per il futuro. Ricordiamo alcune misure.
- Il prelievo di una parte consistente dei fondi dell’EOC, delle Case per anziani, dei Servizi di assistenza e cura a domicilio, delle Strutture e dei Servizi per disabili adulti e minorenni e delle Strutture di protezione per minorenni.
Non stiamo parlando delle riserve miliardarie delle casse pensioni o di quelle altrettanto ricche delle casse malati. Si tratta di soldi messi da parte virtuosamente per fare progetti in favore dei pazienti, degli ospiti e del personale.
- I budget di queste strutture sono stati ridotti drasticamente. Quando abbiamo chiesto quali saranno le conseguenze di questi tagli sul personale delle strutture sociosanitarie e socioeducative, il Consiglio di Stato ha risposto che il personale di questi enti non è personale dello Stato.
Ma è evidente a tutte e a tutti che questi enti operano con i fondi messi a disposizione dallo Stato. Tagliare le risorse in questi ambiti significa peggiorare le condizioni di lavoro del personale, che già opera sotto grande pressione. E, di conseguenza, peggiora anche il servizio offerto ai pazienti e agli ospiti.
Un esempio concreto? Ci è capitato di vedere istituti dove i ragazzi e le ragazze con disabilità devono pagarsi persino le torte di compleanno.
- Parliamo poi del parziale riconoscimento del carovita. Questa misura, insieme a quella dell’anno scorso, va a ridurre il potere d’acquisto delle dipendenti e dei dipendenti dello Stato per il secondo anno consecutivo. L’effetto si accumula e influenzerà tutta la loro carriera. A questo si aggiunge la decisione di non sostituire una parte del personale partente. Questa scelta, basata su logiche contabili e non strategiche, peggiorerà le condizioni di lavoro del personale e la qualità dei servizi offerti alla popolazione.
- Anche la polizia viene toccata, ma non con un ridimensionamento del numero di ufficiali cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni, bensì con la riduzione il prossimo anno, e la cancellazione nel seguente, della scuola di polizia. Largo ai giovani, viene da dire.
- Che dire della scuola, che subisce la decisione del Parlamento di non sostituire una parte del personale partente? Non è forse abbastanza chiaro quali sono il carico di lavoro e di responsabilità delle docenti e dei docenti e del personale che li sostiene? Forse qualcuno si illude che, in un modo o nell’altro, ciò non avrà ricadute sulle attività degli allievi? Se peraltro, volessimo citare il rapporto IDHEAP, tanto caro a chi vuole uccidere il servizio pubblico, il settore della formazione è proprio uno degli ambiti in cui il nostro Cantone spende meno della media svizzera.
- Per concludere, voglio fare un esempio concreto di cosa significa «raschiare il fondo del barile». Tra le misure elencate ce ne sono alcune con un impatto finanziario di 30 o 40’000 franchi. Alcune sono giustificate, ma non andrebbero considerate come misure di risparmio, bensì come semplici aggiustamenti di una normale gestione responsabile delle risorse. Queste cifre rappresentano lo 0,06% del deficit del nostro Cantone, quindi hanno un impatto minimo sulla spesa complessiva.
Eppure, alcune di queste misure colpiscono duramente le persone e le famiglie. Un esempio? Aumentare i prezzi dei prodotti nelle mense scolastiche di soli 10 o 40 centesimi per raccogliere 100’000 franchi in più. Siamo arrivati al punto in cui, per far quadrare i conti, si applica l’aumento del costo della vita persino sulla merenda dei bambini. È semplicemente assurdo!
Non possiamo accettare di essere ostaggio dei numeri, sia che si tratti di un decreto o di un freno finanziario, cambia poco. Se davvero si vuole migliorare il bilancio in modo strutturale, non si può procedere così, con misure assurde messe insieme solo per cercare di far quadrare i conti. Questo modo di fare non ha una visione a lungo termine, manca una vera progettualità.

Davina Fitas