Il terzo appuntamento del ciclo di incontri «Le sfide del lavoro nella transizione ecologica» si è concentrato sul tema dell’alimentazione.
Si stima che la produzione di cibo complessiva a livello mondiale potrebbe sfamare 12 miliardi di persone, in realtà due miliardi di persone soffrono la fame o non hanno a disposizione cibo nutriente e 1,9 miliardi soffre di obesità. Il 30% del cibo prodotto viene sprecato. Cosa fare? E come incide la produzione alimentare sul nostro mercato del lavoro?
Sono intervenuti Alice Croce, presidente della Federazione ortofrutticola ticinese Foft-Tior SA, e Alessandro Fontana, tecnico di molitoria e direttore di Mulino Maroggia SA.
La Foft è una cooperativa di produttori orticoli fondata nel 1937 per organizzare la vendita del prodotto ticinese sul mercato svizzero, con 36 aziende associate, principalmente sul piano di Magadino e nel Mendrisiotto.
Cosa significa la transizione ecologica in questo settore? L’agricoltore, che più di tutti ha a cuore la natura, ha come obiettivo il massimo rendimento cercando di contenere i costi: desidera aumentare la resa del terreno che ha a disposizione, deve garantire la conformità del prodotto che lo rende più appetibile ai consumatori, desidera avere la garanzia del raccolto. Oltre ai costi di manodopera deve far fronte ai costi e alla disponibilità dell’energia e delle materie prime, trattamenti, piantine, concimi. Utilizza quindi una selezione di piante più resistenti e produttive oltre a mezzi agricoli molto performanti. Per certe colture si utilizzano le serre che garantiscono un periodo di produzione più lungo con un contenimento dell’uso di terreno e acqua, oltre che di prodotti fitosanitari. Per gestire una serra è necessario un ingegnere agronomo, figura professionale che si fatica a trovare in Ticino; anche la manodopera meno qualificata lavora in condizioni migliori e per tutto l’anno non subendo le fluttuazioni stagionali.
La transizione ecologica pone tuttavia delle sfide perché i consumatori e la grande distribuzione pretendono standard ecologici avanzati, ma anche un prodotto a basso prezzo, privando le aziende delle risorse necessarie agli investimenti.
I cereali sono un elemento base dell’alimentazione il cui approvvigionamento è soggetto, all’estero, anche alle speculazioni borsistiche. Purtroppo in questi ultimi mesi abbiamo visto come un conflitto armato può avere conseguenze sull’alimentazione di tutti.
In Svizzera c’è una produzione di cereali consistente. Sulle 600’00 tonnellate di fabbisogno nazionale per persone e animali, 450’000 vengono prodotte nel nostro paese. Il resto viene importato con l’applicazione di dazi per proteggere la produzione cerealicola nazionale. È una scelta che nell’ultimo anno ha garantito l’approvvigionamento e la stabilità dei prezzi. Il frumento fa anche parte delle scorte strategiche della Confederazione il cui approvvigionamento viene garantito per tre mesi anche in assenza di importazioni.
Dopo la produzione i cereali vengono puliti e preparati per lo stoccaggio. In Ticino, Mulino Maroggia dispone di un silo che può conservare 2’000 tonnellate, la metà di quanto trasforma.
Il mulino di oggi è un concentrato di tecnologia che valorizza al massimo la materia prima grazie alle competenze del mugnaio, un operatore altamente qualificato, ma anche ai sistemi di controllo elettronici che consentono anche una certa standardizzazione del prodotto.
La formazione svizzera di mugnaio AFC non conosce disoccupazione né in Svizzera, che ospita il primo produttore di impianti di molitura al mondo, né all’estero.
Al Mulino Maroggia la trasformazione del prodotto locale è in netta crescita tanto che la nuova struttura potrà macinare tutta la produzione ticinese, che è aumentata, e anche il biologico.