Con il nuovo CCL entrato in vigore lo scorso 1. maggio 2023, anche il settore edile - dopo quello delle pavimentazioni stradali che da anni prevede lo stop dei lavori alle 13.00 - si è dotato di un dispositivo canicola a tutela della salute dei lavoratori: interrompere i lavori entro le ore 15.00, ritenuta una presenza massima sui cantieri di 8 ore.

Di certo, un nuovo articolo che andava «collaudato» e che i partner contrattuali si erano già detti pronti ad adattare proprio sulla scorta delle esperienze concrete di questa estate. 
Di periodi di canicola quest’anno ne abbiamo registrati tre: i primi due, di una durata di 3 giorni lavorativi con allerta livello 3, e l’ultima - un’intera settimana dal 21 al 25 agosto - con allerta di livello 4, rischio elevato.
Quale bilancio possiamo trarne dopo aver «tastato il polso» ai lavoratori alla fine della settimana di canicola livello 4 ed in attesa della discussione che affronteremo con la SSIC-TI? In sintesi:
- la stragrande maggioranza delle imprese, ha interrotto il lavoro al più tardi alle 15.00. Si registrano pochi casi, che si contano sulle dita di una mano, di imprese che non hanno rispettato il CCL;
- le ore più dure per lavorare con la canicola sono state tra le 12.00 e le 15.00;
- molti lavoratori interessati a finire prima delle 15.00, hanno ristretto la pausa a solo mezz’ora (mangiando leggero sul cantiere o limitandosi a bere acqua) su ordine del proprio datore di lavoro o d’intesa con esso;
- l’afa notturna, già di per sé insopportabile per chiunque, ha permesso solo in parte ai lavoratori di recupere lo sforzo del giorno prima.
A detta dei lavoratori edili, cosa va migliorato del dispositivo canicola? Certamente l’orario di fine dei lavori (chiederemo di anticiparlo) e il fatto di attivarlo già in caso in allerta canicola 3 come nelle pavimentazioni stradali.
A prescindere, sempre nella torrida settimana di fine agosto, le nostre segreterie sindacali sono state letteralmente bombardate da telefonate di lavoratori di altri settori. Le domande  erano sempre le stesse: «perché io (ad esempio, giardiniere, pittore, copritetto, ponteggista, gessatori, ecc.) con l’allerta canicola, sono costretto a lavorare all’aperto tutto il giorno? Il mio lavoro non è altrettanto a rischio per la salute ritenuto che lo sforzo fisico che produco è elevato?». Domande più che legittime. Le imprese ticinesi devono rendersi conto che i cambiamenti climatici in corso renderanno le nostre future estati sempre più impraticabili per molte attività che si esercitano all’aperto. Quindi, come sindacato, ci impegneremo a tematizzare la questione canicola anche per altri CCL: non si tratta, diciamola così, di «regalare ore di lavoro ai propri collaboratori perché fa molto caldo» bensì di trovare un accordo contrattuale che preveda di fermare i lavori con anticipo e con l’impegno di recuperare le ore non lavorate in un secondo tempo senza mettere a rischio la salute dei propri collaboratori. Tutto qua.

Paolo Locatelli