All’inizio del mese di luglio è uscito il XIX Rapporto dell’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone, nel ventesimo dalla sua introduzione. Un documento corposo, disponibile anche in italiano grazie a una richiesta dell’OCST, e particolarmente importante per il nostro cantone proprio perché, dalle analisi che lo riguardano, il Ticino emerge sempre come un’eccezione alla regola svizzera.

In un momento nel quale si sprecano le prese di posizione in favore delle misure fiscali, non deve venir meno la nostra attenzione sugli effetti della libera circolazione delle persone. Questo tema deve costituire dibattito in vista della campagna elettorale, ora che si stanno ridefinendo i rapporti con l’UE dopo la bocciatura dell’accordo quadro due anni fa.
Perdura quanto già da un decennio denunciamo e cioè che i salari ticinesi sono inferiori a quelli in uso nel resto del paese, probabilmente trascinati verso il basso dall’ingente differenza salariale che colpisce i lavoratori frontalieri, che ormai costituiscono il 30% del nostro mercato del lavoro. 
Durante la recente campagna referendaria, e senza dubbio questo accadrà anche in occasione delle elezioni federali, abbiamo sentito e sentiremo in molti inneggiare alla contrattazione collettiva. È importante che i buoni propositi e le promesse vengano davvero realizzati perché è proprio questo, accompagnato dalla dichiarazione di obbligatorietà generale, lo strumento principe per affrontare e finalmente risolvere la disparità salariale del Ticino rispetto al resto della Svizzera.
Un altro documento, il rapporto sulla messa in opera delle misure di accompagnamento anch’esso pubblicato a giugno, segnala l’enorme numero di controlli effettuati in Ticino dalla Commissione tripartita e dalle commissioni paritetiche (il 36% di tutti i controlli effettuati in Svizzera) con un tasso rilevato di infrazioni del 10%. L’alto numero di controlli in Ticino è una conseguenza dell’elevato numero di Contratti normali di lavoro, una delle misure di accompagnamento che permette di stabilire per legge, tramite appunto l’introduzione di questo tipo di contratti, un salario minimo in quei settori nei quali è stata verificata la presenza di dumping salariale. L’anomalia ticinese potrebbe essere già ben rappresentata dall’istituzione di ben 13 Contratti normali di lavoro contro gli 8 di Ginevra e i 2 del Vallese. Questa misura è praticamente inesistente nella Svizzera tedesca. Fin qui, purtroppo, nulla di nuovo. 
Ciò che invece sembra presentarsi ora in modo sempre più drammatico sono i dati sulla carenza di personale in parte dovuta al fatto che escono dal mercato del lavoro per il pensionamento più persone di quante non ne entrino. Per ora l’immigrazione ci consente di rispondere in parte alle necessità di manodopera, ma dato che la situazione demografica è sostanzialmente analoga almeno in tutta l’Europa, arriverà un momento nel quale si potrà contare sempre meno sulle risorse provenienti dall’estero.
Si tratta di un problema urgente per il quale bisogna prendere misure di lungo respiro e che ruotano attorno al miglioramento dei salari, specialmente in Ticino, alla formazione, al miglioramento delle condizioni di lavoro, del clima in azienda e della conciliazione tra vita privata e professionale. Tutte misure che devono arginare il fenomeno dell’abbandono prima del pensionamento a causa dello sfinimento, specialmente psicologico. In sostanza l’usa e getta non deve essere combattuto solo per quel che riguarda le risorse materiali. Garantire il benessere del personale è strategico per il futuro del mercato del lavoro e dell’economia ed è chiave in questo senso il ruolo del sindacato e della contrattazione collettiva.

Renato Ricciardi